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Mica: lo sfruttamento minorile dietro l'ombretto

Scorrendo la lista degli ingredienti di uno dei vostri trucchi preferiti, quasi sicuramente potrete imbattervi nella parola “mica”. Questo minerale è infatti comunemente usato nella produzione dei cosmetici e nasconde una tragica realtà: lo sfruttamento dei lavoratori, spesso minori, nei paesi in via di sviluppo come India, Madagascar, Nigeria e Cina.

Ma cos’è la mica?


Le miche sono dei minerali che appartengono al gruppo dei fillosilicati. Esistono 37 tipi di miche, ma quelle che trovano applicazioni industriali sono la muscovite e la flogopite, entrambe caratterizzate dalla facile sfaldatura e dalla flessibilità delle lamine. Proprio queste lamine o fogli di mica (sheet mica) sono venduti insieme ai detriti di mica (scrap mica), che sono un sottoprodotto dell’estrazione stessa delle lamine.


La muscovite viene generalmente impiegata nell’industria elettronica e automobilistica perché è un ottimo isolante elettrico e resiste a temperature relativamente elevate, ma viene anche usata nella cosmesi e nelle pitture come pigmento luccicante, ed è all’apparenza simile al glitter. A seconda della dimensione, questo minerale può dare diverse colorazioni e livelli di brillantezza. Si stima che il 10% della mica estratta globalmente sia destinato alla creazione di cosmetici.


La flogopite è più resistente alle alte temperature rispetto alla muscovite ed è quindi utilizzata maggiormente per la creazione di prodotti che richiedono sia proprietà da isolante elettrico sia di stabilità termica, come i cavi elettrici.


La condizione dei lavoratori in Madagascar


Il Madagascar è il terzo esportatore mondiale di mica, in particolare di flogopite: nel 2017 ha esportato 34.871 tonnellate di mica, il cui 87% destinato alla Cina. Nonostante sia ricco di minerali richiestissimi come il nickel, il cobalto, l’oro e il titanio, il Madagascar è uno dei paesi più poveri al mondo. Infatti, il 74% della popolazione vive al di sotto della soglia nazionale di povertà, il 57% si trova in situazioni di grave indigenza e tre quarti della popolazione vive con meno di 1.90$ al giorno.


A causa dell’estrema povertà, moltissime famiglie non possono mandare i propri figli a scuola, il che fa del Madagascar il quinto paese al mondo per percentuale di bambini che non ricevono un’istruzione adeguata. UNICEF ha stimato che, nel 2018, il 47% dei minorenni malgasci dai 5 ai 17 anni sono stati coinvolti in attività lavorative: l’87% nel settore agricolo e il 4% nel settore minerario. A differenza di altri minerali scavati industrialmente, la mica, l’oro e lo zaffiro sono estratti artigianalmente. L’estrazione della mica richiede la creazione di buchi e tunnel nel terreno, dai quali il minerale è prelevato manualmente, con l’aiuto di scalpelli e piedi di porco. Di tutte le forme di lavoro minorile, il lavoro in miniera è considerato il peggiore dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).


Secondo uno studio di Terres des Hommes Netherlands (2019), in Madagascar circa 22.000 persone lavorano nel settore della mica, più precisamente 20.000 minatori e 2.000 smistatori. Di questi ultimi circa la metà sarebbero bambini. Le miniere di mica si concentrano nelle tre aree più povere a sud del Madagascar, dove intere famiglie sono coinvolte in questa attività durante la stagione secca, ossia da aprile a settembre. Si tratta infatti di un lavoro stagionale, in quanto con l’arrivo delle piogge molte miniere diventano inagibili e la mica, assorbendo l’acqua, ne rende ancora più ardua l’estrazione. Solo chi non ha altro impiego nel settore agricolo durante la stagione delle piogge rimane a lavorare in miniera tutto l’anno.


Le condizioni di lavoro in miniera sono tremende, sia per gli adulti che per i bambini: gli uomini e gli adolescenti maschi si occupano di scavare tunnel e dell’estrazione del minerale, mentre le donne e i bambini sollevano la mica estratta con una carrucola e la portano a pesare. Le lunghe ore di lavoro, il caldo e la mancanza di acqua e cibo hanno effetti gravissimi sulla salute di tutti i lavoratori. Oltre al pericolo di rimanere intrappolati nei tunnel, i minatori respirano costantemente polvere e particelle di mica e spesso sono costretti a tornare in superficie a causa della mancanza di ossigeno. Anche chi si occupa dello smistamento della mica è sottoposto a dure condizioni di lavoro: mal di schiena, problemi respiratori e ferite alle mani e piedi sono all’ordine del giorno. Il salario giornaliero per un lavoratore adulto varia dai 1.000 Ar (0,27$ americani) per la raccolta di detriti di mica a circa 11.250 Ar (3,01$ americani) per l’estrazione in miniera, mentre i bambini vengono pagati ancora meno.


Nonostante la legge malgascia proibisca il lavoro minorile, nei villaggi di minatori i bambini lavorano tutto il giorno a fianco dei propri genitori. Oltre ai danni alla salute già elencati, i bambini sono anche gravemente malnutriti perché le famiglie non possono permettersi più di un pasto al giorno. Purtroppo, in questo contesto, allo sfruttamento minorile si aggiunge la prostituzione: commercianti e collaboratori fanno leva sul loro status per sfruttare sessualmente gli adolescenti nelle miniere.


La situazione dei lavoratori in India


Le regioni indiane del Jharkhand e Bihar, le più povere del paese, rappresentano l’area più grande al mondo di estrazione della mica, soddisfacendo il 25% della domanda globale. Paradossalmente, quasi tutte le miniere della zona sono attualmente illegali, ma sono ugualmente operative con il benestare del governo indiano.

Nell’indagine Beauty and a Beast (“La bella e una bestia”), Terres des Hommes Netherlands ha stimato che circa 20.000 minori siano stati coinvolti nell’estrazione della mica nel 2016. Nonostante gli sforzi del governo indiano, che dal 2005 ha attuato una serie di riforme volte a migliorare la situazione in queste regioni, tra cui la creazione di più scuole per i bambini dai 6 ai 14 anni, lo sfruttamento minorile è aumentato da circa 18.000 lavoratori-bambini nel 2005 a circa 20.000 nel 2016. Negli ultimi decenni la quantità di tonnellate di mica esportata da queste regioni è aumentata del 75%, il che spiegherebbe l’aumento dei minatori-bambini a discapito degli sforzi del governo.

Come in Madagascar, anche qui la mica è estratta e smistata manualmente, con attrezzi rudimentali e senza misure di sicurezza: il rischio di frane e crolli è il pericolo maggiore e gli incidenti mortali sono tutt’altro che inusuali, anche se non tutti sono riportati alla polizia vista l’illegalità delle miniere. I bambini condividono gli stessi rischi degli adulti: per esempio, nel marzo 2014 due bambini sono deceduti a causa del crollo del tetto del tunnel in cui stavano lavorando; l’anno dopo è toccata la stessa sorte a una bambina di dieci anni. Anche in India, la mancanza di ossigeno nei tunnel e la costante esposizione a polvere e particelle di silice recano danni potenzialmente mortali nel breve e lungo termine, come la silicosi e il tumore ai polmoni. Inoltre, i bambini intervistati dai ricercatori di Terres des Hommes hanno anche menzionato altri pericoli come serpenti, scorpioni e il rischio di ammalarsi di malaria. Altri hanno aggiunto di aver sofferto di colpi di calore, sfinimento, tagli e frattura delle ossa.

Nel 2019 la giornalista Lexy Lebsack ha condotto una ricerca sul campo per la rivista online Refinery29, documentando il suo viaggio tra le miniere illegali del Jharkhand. Da una delle bambine intervistate, Pooja, si scopre che per una giornata di duro lavoro in miniera si possono ricevere dalle 20 alle 30 rupie, ossia circa dai 0,29 ai 0,43 dollari americani.


La scelta di LUSH: mica sintetica


Dal 2012 Lush ha iniziato a comprare la mica da fornitori che garantivano di non assumere minori e si appoggiava a terze parti che lo verificassero. Dal 2018 l’azienda inglese ha però deciso di eliminare la mica naturale dai suoi prodotti a favore della mica sintetica (Synthetic fluorphlogopite) perché, a causa di un cambio di gestione dell’azienda fornitrice, non poteva più garantire la trasparenza della sua filiera.


Lush dichiara che la mica sintetica creata in laboratorio non solo avrebbe un effetto più brillante di quella naturale, ma sarebbe anche più delicata sulle zone sensibili (es. contorno occhi). Sorge però il dubbio: la mica sintetica danneggia l’ambiente? Gabbi Loedolff, Creative Buyer di Lush, dichiara che: «Anche se sintetizzata in laboratorio, è composta da minerali naturali, quindi non contribuisce al problema delle microplastiche che possono finire negli oceani e nelle riserve d’acqua».


Per verificare se i vostri trucchi contengono mica naturale, date un’occhiata alla lista degli ingredienti per vedere quanti presentano la dicitura “Mica” o “Potassium Aluminium Silicate” o “CI 77019”. La mica sintetica invece apparirà sulla lista degli ingredienti con la nomenclatura “Synthetic Mica” or “Synthetic Fluorphlogopite”.


La mica sintetica potrebbe essere una scelta sensata per l’industria della bellezza, ma non risolverebbe la domanda di mica per l’industria elettronica, elettrica e automobilistica. D’altronde, come indica la stessa Lush nel suo sito, non è la mica in sé ad essere controversa, quanto la sua attuale estrazione.


Responsible Mica Initiative


Come già illustrato, le comunità indiane e malgasce dipendono economicamente da queste miniere, quindi boicottare completamente il materiale potrebbe non essere la soluzione più adeguata. Molte aziende hanno aderito alla Responsible Mica Initiative, il cui obbiettivo è di stabilire una filiera della mica che sia sostenibile e responsabile, eliminando lo sfruttamento minorile entro il 2022. Tuttavia, è bene ricordare che l’adesione di alcune aziende (tra cui L’Oreal, Chanel ed Estée Lauder Companies) all’iniziativa rappresenta sì una presa di coscienza del problema, ma non una garanzia che la mica nei loro prodotti non sia stata scavata da un minore. Data l’illegalità di gran parte delle miniere, ad oggi non è possibile una tracciabilità totale della mica.


In che direzione procedere?


Le due indagini di Terres des Hommes in India (2016) e Madagascar (2019) si concludono con una serie di raccomandazioni che tutti gli attori, dai governi agli stakeholders, dovrebbero perseguire per ottenere una filiera responsabile della mica. Oltre alle raccomandazioni specifiche per paese, si delineano alcune direzioni comuni:


· È necessario incrementare il salario dei minatori e degli smistatori, in modo tale da permettere loro di mandare i propri figli a scuola invece che al lavoro. Questo obbiettivo può essere raggiunto attraverso diverse attività, tra cui conferire maggiore potere contrattuale ai minatori e aumentare sia il prezzo della mica greggia sia il suo prezzo di esportazione;


· I governi sono chiamati a far rispettare le leggi che tutelano i lavoratori e i minori, a garantire la scolarizzazione costruendo scuole e offrendo pasti gratuiti, a migliorare le strutture sanitarie e assicurare l’accessibilità all’acqua potabile. Inoltre, la legalizzazione delle miniere permetterà di retribuire i lavoratori rispettando il salario minimo nazionale ed evitare lo sfruttamento minorile.


· I marchi internazionali e i CSO (Organizzazioni della Società Civile) nazionali e internazionali possono fare pressioni al governo per rendere operative tutte le suddette misure e assistere alla creazione di scuole, a patto che queste iniziative siano in collaborazione con il governo e che si pongano obbiettivi a lungo termine.


Conclusione


Per concludere, come consumatori possiamo essere noi stessi agenti di cambiamento chiedendo trasparenza e responsabilità alle aziende che usano la mica nei loro prodotti. Inoltre, si possono supportare ONG ed enti di beneficenza, come la già citata Terres Des Hommes, per il loro impegno a sostegno dei minori. Per esempio, le organizzazioni indiane Kailash Satyarthi Children’s Foundation e Bachpan Bachao Andolan sono riuscite a creare dei villaggi “amici dei bambini”, dove i diritti del minore occupano un ruolo centrale.


Se grazie alle sue qualità la mica rimane un materiale essenziale per l’industria elettronica e automobilistica, con le adeguate misure di sicurezza e retribuzioni, l’estrazione della mica potrebbe essere un settore in grado di sostenere le comunità minerarie. Tuttavia, l’interrogativo che rimane è: seppur nel rispetto dei diritti del lavoratore, l’effetto glitter nei cosmetici e pitture giustificherebbe l’impiego di minatori nei paesi del terzo mondo?


Bibliografia


Lebsack, L. (2019). The Makeup Industry’s Darkest Secret Is Hiding in Your Makeup Bag. Refinery29. Risorsa online disponibile all’indirizzo: https://www.refinery29.com/en-us/2019/05/229746/mica-in-makeup-mining-child-labor-india-controversy


Shepard, E. (2018). Synthetic Mica. Lush UK. Risorsa online disponibile all’indirizzo: https://uk.lush.com/ingredients/synthetic-mica


Terres des Hommes Netherlands (2016). Beauty and a Beast. Child labour in India for sparkling cars and cosmetics. Risorsa online disponibile all’indirizzo: https://www.somo.nl/beauty-and-a-beast/


Terres des Hommes Netherlands (2019). Child Labour in Madagascar’s Mica Sector. Risorsa online disponibile all’indirizzo: https://www.terredeshommes.org/wp-content/uploads/2020/01/td0163_wt_mica_madagascar_rapport_v3_web.pdf


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