Noemi
Erasmus Stories - Quinta puntata: l’Erasmus a Aarhus (Danimarca) di Margherita L.
Dopo una lunga pausa torniamo alla carica con la quinta puntata di Erasmus Stories! Questa volta esploriamo le terre danesi in compagnia di Margherita L., che ha passato un semestre all’Università di Aarhus.
Ciao, mi chiamo Margherita e sono una studentessa in Scienze della Formazione Primaria. Mi è sempre piaciuto viaggiare, quindi una volta finito il conservatorio, ho iniziato a informarmi sull’Erasmus. Ho coinvolto una mia compagna di studi, nonché grande amica, e insieme abbiamo provato il test di inglese per accedere alle borse di studio. Abbiamo passato l’esame e siamo partite a metà agosto 2019 per Aarhus, in Danimarca, dove siamo state quattro mesi.

1) Come mai hai scelto la Danimarca?
All’inizio ero indecisa tra Finlandia e Danimarca, perché per noi studenti di Formazione Primaria il Nord Europa è un punto di riferimento dato che hanno un sistema educativo all’avanguardia a cui tutto il mondo si ispira. Alla fine, ho scelto la Danimarca perché l’Università di Aarhus offriva un corso chiamato Nature and Social Education che è improntato sull’insegnamento all’aria aperta. Io e la mia compagna eravamo molto entusiaste perché amiamo la natura. Al test d’inglese abbiamo casualmente incontrato un’altra ragazza del nostro corso, anche lei interessata ad andare in Danimarca, quindi siamo partite tutte e tre insieme.
2) Sapevi parlare danese prima della partenza? Dopo aver vissuto lì, lo hai imparato?
Assolutamente no e non l’ho mai imparato. Per fortuna l’università era in inglese, che in Danimarca è parlato molto bene da tutti, compresi gli anziani.
Paradossalmente, ho migliorato il mio livello d’inglese in Spagna, dove ho lavorato per un mese in un ostello rapportandomi quotidianamente con turisti inglesi e americani. Questa esperienza mi ha aiutato molto a comunicare meglio in inglese una volta arrivata a Aarhus.
3) La tua famiglia ti ha supportata nella decisione?
All’inizio la preoccupazione dei miei è stata l’aspetto economico, però informandoci meglio abbiamo visto che avrei ricevuto una borsa di studio, quindi si sono tranquillizzati. Per combinazione avevano fatto il giro della Danimarca in camper l’anno prima e mi hanno sempre incoraggiato a viaggiare. Però, essendo di un’altra generazione, non hanno avuto la possibilità di partecipare a uno scambio all’estero e sembrava loro una cosa impossibile. Da parte mia, mi sono mostrata molto convinta e ho lavorato tutta l’estate per mettermi i soldi da parte.
4) Come ti sentivi prima di partire?
Sicuramente avere passato un mese in Spagna da sola mi ha aiutato molto ad affrontare l’Erasmus serenamente, perché era la mia seconda esperienza all’estero. Inoltre, ero più grande e sono partita con due amiche. Certo, ero agitata, ma ero psicologicamente preparata alle difficoltà che avrei dovuto affrontare le prime settimane: sapevo che all’inizio sarebbe stata dura, che mi sarei sentita spaesata, ma che poi sarebbe andata meglio. Pensavo: «Dai, l’ho già fatto, posso farlo un’altra volta».
Se devo essere sincera la mia più grande preoccupazione è stata la valigia, ossia capire cosa serve per quattro mesi in un paese freddo in cui la vita è cara. Io e le mie amiche ci siamo fatte spedire un pacco da casa con gli stivali e altre cose pesanti. Pensa che mi sono presentata all’aeroporto di Genova ad agosto con il piumino in vita!
5) Per l’alloggio come ti sei organizzata?
È stato un po’ complicato. A maggio abbiamo rischiato una truffa, ma per fortuna ce ne siamo accorte subito e non ci abbiamo rimesso dei soldi. Stavamo cercando una casa tutte insieme a Aarhus e abbiamo contattato una signora su Facebook che aveva messo un annuncio in uno dei gruppi per gli affitti. Sembrava la casa perfetta: tre stanze, in centro città e a un prezzo stracciato. Era troppo bello per essere vero. Dopo aver mandato i nostri documenti, la proprietaria ha iniziato a farci pressioni per avere un acconto. Eravamo un po’ titubanti perché eravamo ancora in Italia e non ci fidavamo. Inoltre, abbiamo notato che l’IBAN a cui avremmo dovuto versare i soldi era strano. Con qualche ricerca in più, abbiamo visto che questa signora metteva annunci per case in tutti i gruppi Facebook per gli Erasmus. A quel punto abbiamo capito che era una truffa, anche se ben architettata. Abbiamo segnalato il suo profilo e denunciato tutto.
Abbiamo poi scritto all’università che ci ha subito assegnato un alloggio. Si trattava di un college a mezz’oretta dal centro, formato da circa 200 dormitori tutti uguali. Era una specie di cittadina, con tanto di bar e palestra, e gli affitti erano decisamente più accessibili che in città. Il college era immerso nel bosco e mi piaceva andare a correre, raggiungere le colline e godermi il tramonto.

6) Com’è stata la prima impressione?
La prima sera stavamo per metterci a piangere. Il viaggio è durato in tutto circa dieci ore, perché una volta arrivati a Copenaghen ci vogliono cinque ore e mezzo con il Flixbus per raggiungere Aarhus. Siamo arrivate lì di notte, passando dai 30 gradi di Genova ai 18 danesi. Era tutto buio e pioveva. I tutor dell’università ci hanno portato in questo studentato così grigio, con le camere spoglie... Eravamo pure senza cibo quindi non sapevamo come fare colazione il giorno dopo.
Il primo giorno è stato duro perché non sapevamo neanche dove comprare da mangiare. Il supermercato dello studentato aveva dei prezzi allucinanti, quindi era fuori discussione. Siamo dunque andate alla Lidl più vicina, ossia a mezz’ora di camminata sotto la pioggia. Al ritorno, affaticate da tutti i sacchetti della spesa, ci stavamo maledicendo per aver scelto la Danimarca. Inoltre, i primi giorni non avevamo Internet, nonostante ci avessero detto che avremmo avuto il Wi-Fi. Abbiamo poi scoperto che avremmo dovuto portarci il router da casa, cosa a cui noi non avremmo mai pensato.
Una volta iniziata l’università è andato tutto meglio e abbiamo conosciuto altre ragazze Erasmus nella nostra situazione.

7) Com’è il cibo danese?
Anche se la cucina tradizionale danese non offre una grande varietà, devo dire che mi sono trovata bene. C’è una grande attenzione al cibo biologico e, in generale, a mangiare sano. Tanti broccoli, barbabietole e patate dolci. Forse perché vanno spesso in bici e hanno bisogno di energie, mangiano molto pane nero con diverse creme spalmabili. Ho notato che a differenza nostra preferiscono fare tanti piccoli pasti durante la giornata piuttosto che un pranzo e una cena sostanziosa. Ad ogni modo, io e le mie amiche cucinavamo italiano a casa e posso assicurare che è fattibile. Ci siamo però fatte spedire dall’Italia il parmigiano e la moka per il caffè!
8) Dal punto di vista di università, quali esami hai dato? Com’è il metodo d’insegnamento?
Abbiamo subito capito di trovarci in un paese un po’ hippie perché la prima lezione abbiamo fatto danze folkloristiche in palestra, oltre a tantissime attività di gruppo per conoscerci meglio, il che è risultato estenuante dopo una settimana. Il primo giorno l’università ha offerto un brunch di benvenuto con pane danese, marmellata fresca, burro fresco… Tutto rigorosamente biologico. Figurati, noi dopo una settimana che cercavamo di risparmiare, ci siamo abbuffate.
Il corso che ho scelto era strutturato in tre moduli con un esame finale.
La prima parte era incentrata sull’insegnamento all’aperto, quindi il primo mese abbiamo passato anche sette o otto ore al giorno nella foresta. È stata la mia parte preferita: la professoressa ci ha fatto fare delle attività a contatto con la natura che avremmo poi potuto riproporre ai bambini. Ad esempio, ci ha spronato ad arrampicarci sugli alberi come facevamo da piccoli. Grazie a questo corso ho scoperto dei posti pazzeschi vicino a Aarhus che probabilmente non avrei visitato da sola. Però passare tutte quelle ore all’aperto a ottobre è stato pesante fisicamente, arrivavamo a casa distrutti.
Sempre per questa parte del corso, abbiamo fatto due viaggi da una o due notti. Nel primo abbiamo dormito in tenda in un posto meraviglioso, come se fossimo in un campo scout. Nel secondo viaggio ci hanno portato a pescare, perché è un’attività che fanno fare ai bambini. Durante i viaggi gli studenti dovevano cucinare a turno e non è sempre stato facile mettere d’accordo trenta persone di diverse nazionalità. In un’occasione noi italiane abbiamo cucinato la pasta e tutti ci hanno adorato.

Il secondo modulo invece è stato solo di teoria, ma non era approfondito come in Italia. Se devo essere sincera, hanno trattato concetti triti e ritriti per chi è al quarto anno di Formazione Primaria. Tieni conto che il corso non era solo per future maestre, ma anche per assistenti sociali. Diciamo che volendo coprire figure professionali così diverse, hanno cercato di accontentare tutti, ma in questo modo è diventato un po’ dispersivo.
La terza parte è stata il tirocinio. Purtroppo, c’è stato un po’ di malcontento generale perché la maggior parte di noi aveva scelto questo programma proprio per lavorare in queste famose scuole nel bosco, ma molti studenti sono finiti alla scuola nido o nei doposcuola con gli adolescenti. Questa è stata sicuramente una pecca del corso e purtroppo i professori non si sono mostrati disponibili a venirci incontro.
Io sono stata fortunata perché ho lavorato in una scuola danese dell’infanzia con bambini dai tre ai cinque anni. Con il pullman dell’asilo si partiva dal centro e si arrivava in una base in campagna, dove i bambini giocavano liberi tutto il tempo. Sinceramente all’inizio ero preoccupata che si facessero male, ma mi sono rilassata quando ho capito che tutte le attività, per quanto potessero apparire pericolose, erano ben sorvegliate: ad esempio, c’era un angolo dove i bambini di quattro anni potevano usare la sega per tagliare i rami, che detto così può sembrare da pazzi, ma c’era lì la maestra pronta a intervenire in ogni momento. Per venti bambini c’erano cinque maestri più due tirocinanti a controllare che nessuno si facesse male, il che permette di lavorare in modo molto diverso rispetto a come facciamo in Italia.
Ho notato che i bambini potevano scegliere quali attività svolgere, perché i maestri vogliono abituarli ad essere indipendenti. Inoltre, giocano molto tra di loro e se sorge un conflitto i maestri vogliono che se la risolvano tra di loro. Anche se i bambini hanno delle difficoltà, i maestri intervengono il meno possibile così che imparino a cavarsela da soli.
La cosa che mi è dispiaciuta è non aver potuto parlare con i bambini per via della barriera linguistica. Anche con i miei colleghi mi sentivo un po’ bloccata perché erano un po’ scostanti. Detto ciò, è stata comunque un’esperienza stupenda.
9) L’università ha organizzato molti eventi per gli studenti Erasmus?
In realtà questo aspetto è un po’ mancato perché l’università organizzava molti eventi per gli studenti, ma non per gli Erasmus, che spesso non erano proprio ammessi alle feste universitarie. Ricordo che una volta ci hanno cacciato fuori in malo modo perché non eravamo studentesse del posto. Sì, hanno organizzato alcune feste a cui potevamo partecipare anche noi, ma niente di specifico per noi Erasmus. Ora che ci penso, il martedì c’era una serata internazionale, ma avendo lezione il giorno dopo non andavamo spesso.
10) Come passavi il tempo libero?
Nei fine settimana io e i miei amici noleggiavamo due macchine e andavamo a farci dei giretti in Danimarca. Io e una mia amica ci siamo iscritte a Servas, un’associazione che ti permette di essere ospitato da famiglie del posto. Ogni città ha il suo referente e devi mandare una lettera di presentazione per partecipare. Abbiamo avuto la fortuna di passare un fine settimana stupendo ospiti di una coppia tedesca che vive in Danimarca. Abbiamo alloggiato in una casetta nel bosco dipinta da lei, che è un’artista. Ci hanno portato in una spiaggia che si chiama Cold Hawaii dove, nonostante il clima gelido, è possibile fare surf. Una sera abbiamo cucinato la pasta per loro e ci siamo divertiti con dei giochi da tavola. È stato davvero bello.

Abbiamo girato molto la Danimarca: Grenaa; il faro di Lokken, che è davvero suggestivo; Skagen, il punto più a nord della Danimarca, ma purtroppo c’era la bufera e non ce lo siamo goduto molto.
Ero già stata a Copenaghen, ma sono tornata con un mio amico danese che mi ha fatto conoscere alcuni quartieri meno turistici. Copenaghen è l’unica vera città della Danimarca, dato che Aarhus, pur essendo la seconda città danese, è grande la metà di Genova.
11) Con chi hai stretto amicizia?
Io e le mie amiche abbiamo stretto amicizia con una decina di ragazze spagnole, con cui facevamo spesso festa, e due o tre ragazze olandesi.
Però non sarebbe stato Erasmus senza Jarl, un ragazzo danese che abbiamo conosciuto in dormitorio. È stato il nostro uomo di casa, eravamo sempre noi quattro insieme. Abbiamo rotto il ghiaccio spiegandogli come fare la pasta e poi l’abbiamo invitato a una festa con noi. Si è creato in poco tempo un rapporto molto bello, mi sembrava di conoscerlo da una vita.

12) Qual è stata l’esperienza più bella dell’Erasmus?
Domanda da un milione di dollari. Probabilmente il momento più bello è stato durante il Festival della Musica. Io suono il pianoforte, quindi ho proprio una passione fortissima per la musica. Poter andare ogni giorno a sentire concerti gratuiti, restare lì fino a sera a ballare sotto il tendone in un parco danese è stato incredibile. C’era davvero una bella atmosfera: l’ambientazione era in stile nordico, con le casse di legno e le lucine.... Poi a fine serata si ballava sempre questa danza danese in cui ci si prendeva per i mignoli con la persona che si aveva accanto. Sembra una scemata, ma per me è stato bello.
13) Cosa ti è piaciuto maggiormente di Aarhus e cosa meno?
Essendo una città piccola, non c’erano molti eventi e locali in cui potevi entrare liberamente. Per entrare in un pub dovevi pagare quattro euro di guardaroba più consumazione.
Il clima è stato tosto, soprattutto la mancanza di luce. È stato interessante interagire con Jarl, il mio amico danese: lui non capiva perché noi ci lamentassimo del fatto che alle tre fosse già buio. Poi quando è venuto a dicembre a Genova ha capito la differenza di clima tra i due paesi.
Diciamo che la natura è il punto forte di Aarhus. La città ha molti parchi e appena esci da Aarhus trovi delle spiagge stupende. Uno dei miei posti preferiti è un ponte sull’acqua, chiamato Infinity Bridge, a dieci minuti da centro.

14) Cosa hai imparato durante questo periodo all’estero? Quale insegnamento?
Che si può sopravvivere a tutto. Non è stato un Erasmus facilissimo, perché sono andata in un paese molto diverso dall’Italia come cultura, sistema scolastico, clima... Però ce l’ho fatta e ho saputo adattarmi a tutto.
15) Che consiglio daresti a una persona interessata a fare l’Erasmus a Aarhus?
Sicuramente di portarsi un router. Anche se non è una città turistica, è molto bella quindi consiglierei di esplorarla, perché ci sono tanti angolini che non si conoscono se non ci si perde un po’. Consiglio caldamente di sfruttare al massimo le ore di luce, soprattutto a settembre e ottobre bisogna uscire tutti i giorni, perché poi a novembre e dicembre ti passa un po’ la voglia. Infine, consiglierei di viaggiare per la Danimarca il più possibile.
Grazie mille per la bellissima intervista, è stato davvero un piacere ascoltare le tue avventure danesi. Aarhus è già sulla lista dei posti da visitare appena si potrà tornare a viaggiare!
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Tutte le foto in questo articolo sono state scattate da Margherita.