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Erasmus Stories – Quarta puntata: l’Erasmus di Giulia a Budapest (Ungheria)

Aggiornamento: 10 lug 2020

Oggi andremo in una meta un po’ diversa dal solito in compagnia di Giulia, che ho avuto il piacere di conoscere tramite Instagram dato che anche lei tratta di sostenibilità nel suo blog FeelinGreen. Ma oggi parliamo di un’altra passione che ci accomuna, quella del viaggio e in particolare dell’esperienza Erasmus. Passo la parola a lei per le presentazioni!

Io sono Giulia, ho 26 anni e vivo a Miami. Se oggi mi trovo qui è grazie al mio Erasmus di quattro anni fa, perché è quello che ha poi aperto le porte a tutto il resto. Ho fatto l’Erasmus a Budapest da ottobre 2015 a gennaio 2016, ed è stata sicuramente l’esperienza più bella della mia vita.


Giulia sul Ponte delle Catene a Budapest
Giulia sul Ponte delle Catene a Budapest

1) Dove hai fatto la triennale? Perché hai deciso di partire per l’Erasmus?


Ho fatto la triennale alla facoltà di Comunicazione a Padova, ed è proprio con l’università di Padova che sono partita per l’Erasmus. Andare in Erasmus era il mio sogno, ci tenevo così tanto che ho fatto i salti mortali per avere tutto pronto dal punto di vista accademico. Purtroppo, quell’anno moltissime collaborazioni tra atenei, tra cui quelli in Finlandia dove sarei voluta andare io, non sono state rinnovate, quindi c’erano poche destinazioni e tantissimi candidati. A quel punto ho iniziato ad aver paura di non essere presa. Quindi ho pensato di dare un’occhiata alle destinazioni offerte dalla facoltà di Lingue Moderne invece di quelle elencate per la mia facoltà. Siccome Budapest era tra le opzioni, ho controllato sul sito dell’università ELTE (Eötvös Loránd University) che ci fosse la facoltà di Comunicazione. Quando ho visto che c’era, ho scritto direttamente alla referente di Lingue Moderne di Padova spiegando la mia situazione. Lei è stata gentilissima e mi ha risposto che i suoi studenti non erano interessati a Budapest, quindi ha tenuto il posto per me. Questo è solo per dimostrare quanto io ci tenessi ad andare in Erasmus!

2) Prima dell’Erasmus eri una viaggiatrice?


Questa è una bella domanda perché non lo sono stata per molto tempo. Infatti, quanto ero adolescente mia mamma mi aveva mandato a fare una vacanza studio in Irlanda, dove però ero sempre circondata da italiani, quindi si andava più per divertirsi che per imparare la lingua. Non avevo quello spirito da viaggiatrice, anche se avevo fatto qualche viaggetto in Europa con i miei. Verso la fine delle superiori e l’inizio dell’università qualcosa è iniziato a venire fuori, però in maniera graduale. Diciamo che c’era l’interesse, ma l’Erasmus mi ha dato gli strumenti per viaggiare da sola o comunque con coetanei. Infatti, durante l’Erasmus in cinque mesi ho visitato cinque paesi: dato che l’Ungheria è in centro Europa ed è molto economica, è facile raggiungere tutti i paesi intorno. Con i miei amici Erasmus ho visitato il lago Balaton in Ungheria, Vienna, Bratislava, Cracovia e Praga. Sia chiaro, viaggi per niente lussuosi, con lo zaino in spalle e notti in ostelli con le stanze affollate, però è stato bellissimo.


Gita a Praga
Gita a Praga

3) Eri già stata in Ungheria?


No, era la primissima volta. Ne avevo sentito parlare bene, ma non c’ero mai stata. Tutta quella zona dell’Europa era nuova per me.


4) Hai dovuto fare corsi di ungherese prima di partire?


Per fortuna l’università era in inglese, quindi non ho dovuto imparare l’ungherese che ha la fama di essere una delle lingue più difficili del mondo. Non ho dovuto fare corsi di ungherese, ma di inglese. Una volta arrivati a Budapest ci è stata offerta la possibilità di fare un corso di ungherese, che molti miei amici hanno fatto. Però uno dei miei obbiettivi principali era di migliorare il mio inglese, che all’epoca era molto scolastico.


La cosa strana è che alle superiori ero bravina di inglese, quindi sono partita dicendo: “Dai, a scuola me la cavavo, non sarà poi così male!” e invece ero tremenda. Avevo amici da tutto il mondo e io ero una delle peggiori. Le prime settimane non capivo praticamente niente, avevo mal di testa, guardavo le persone e non capivo, non riuscivo a parlare… E lì mi sono resa conto che mi ero sopravvalutata e che il mio livello di inglese era disastroso. Anche quella però è stata un’importante presa di coscienza e da lì sono migliorata in pochissimo tempo. Però le prime due settimane sono state toste: mi ricordo il primo incontro Erasmus in cui i professori ci spiegavano tutto e io non capivo. Alla mia sinistra c’era una ragazza greca, che è poi diventata una delle mie migliori amiche, e con le lacrime agli occhi mi giravo da lei e le chiedevo di ripetere cosa era stato detto. Lei è stata gentilissima, mi ha aiutato in tutto. È stata la prima persona con cui ho parlato ed è così che è iniziata una bellissima amicizia che dura ancora oggi. È stata il mio angelo custode, credo davvero che qualcuno me l’abbia mandata per salvarmi perché non sapevo proprio cosa fare.


5) La tua famiglia ti ha supportata nella decisione di partire per Budapest?


Sì! Anzi, è stato mio fratello a mettermi la pulce nell’orecchio, perché aveva fatto l’Erasmus in Olanda pochi anni prima e quando siamo andati a trovarlo mi ha fatto innamorare di questa realtà. All’epoca ero all’ultimo anno di superiori, quindi ho avuto un assaggio dell’esperienza in questo modo. Siamo andati a una festa in casa e poi in un pub con i suoi amici. C’era gente da tutto il mondo, è stato bellissimo. Quando ho iniziato l’università, avevo già come obbiettivo l’Erasmus. I miei genitori sono molto aperti e mi hanno subito detto che questa esperienza all’estero avrebbe fatto bene a me e alla mia carriera.


6) A livello di preparazione pre-partenza, hai dovuto affrontare qualche difficoltà?


Sì, ci sono stati problemi burocratici che mi hanno fatto perdere anni di vita sia prima, durante e dopo. Trovare un appartamento è stato un po’ difficile. Non volevo arrivare e cercare di persona, anche se con il senno di poi forse sarebbe stata la cosa più giusta da fare. Invece mi sono affidata a un’agenzia per studenti che mi ha trovato un appartamento un mese prima della partenza. Tuttavia, si è rivelata una fregatura perché i prezzi erano molto più bassi in loco. Però, ovvio, sono cose che si imparano con l’esperienza.


7) Come descriveresti Budapest in tre parole?


Mozzafiato, contraddittoria e mutevole.


Mozzafiato perché Budapest è bellissima, infatti viene chiamata la Parigi dell’est.


Contraddittoria perché, pur essendo una città ricca, a Budapest c’è molta povertà. Non ho mai visto così tanti senzatetto. Anche il contrasto tra la capitale e il resto dell’Ungheria è forte, perché l’Ungheria è per lo più steppa e paesini, poi arrivi a Budapest e ti trovi davanti al secondo parlamento più grande al mondo.


Mutevole perché la città cambia moltissimo l’aspetto a seconda delle stagioni.


Parco di Budapest
Parco di Budapest

8) Qual è stato il più grande shock culturale?


Da italiana, il più banale shock culturale è stato il cibo: i supermercati ungheresi vendono moltissima carne, ma la scelta di verdure è limitata e la qualità non è buona. Io e una mia amica greca eravamo disperate perché anche quando provavamo a cucinare i nostri piatti tradizionali, non venivano saporiti come a casa perché gli ingredienti non erano gli stessi.


9) Dal punto di vista di università, come si struttura un corso nella tua università?


L’università è strutturata in maniera molto diversa dall’Italia: in Italia hai lezioni frontali in aule enormi dove anche centinaia di studenti ascoltano il professore; mentre a Budapest era più simile alle superiori, quindi classi da 15-20 studenti al massimo e lezioni interattive. Forse solo per un corso ho avuto un esame finale, mentre per gli altri dovevo fare compitini ogni settimana. A me è piaciuto molto perché ho imparato tanto grazie a queste lezioni interattive. Avrei dovuto dare cinque esami, ma alla fine del mio soggiorno mi sono ammalata e ne ho potuti dare solo quattro.


Uno dei corsi che mi era piaciuto di più era Cross-cultural Communication, ossia la comunicazione tra culture diverse. Ogni settimana analizzavamo un tema e dovevamo scrivere un breve testo sull’argomento facendo riferimento alla nostra esperienza personale. È stato così interessante che mi ricordo ancora tutto, anche perché è stato bello ascoltare l’esperienza di persone di diverse nazionalità. Non ti sembra di studiare una materia teorica perché, in un certo senso, stai studiando te stesso. Per l’esame finale ci hanno diviso a squadre e, con caffè e biscotti, il professore faceva le domande come se fosse un quiz. Tutti partecipavano perché avevi imparato in modo così divertente che ti ricordavi tutto. Il professore poi ci ha ringraziato per la partecipazione dicendo che ha imparato molto da noi. Io ero sconvolta, era la prima volta che sentivo un professore parlare così!


Un altro corso molto bello è stato Online Communication: ogni settimana dovevamo realizzare dei piccoli progetti online per provare nuove piattaforme e poi ne discutevamo in classe. I professori erano così giovanili che ti sembrava quasi di parlare a un amico. Invece, in un altro corso parlavamo delle emozioni degli immigrati, ma sembrava una lezione di yoga.


Ho fatto un po’ di fatica all’inizio a fare gli scritti e le presentazioni perché il mio livello di inglese non era alto. Per fortuna la mia amica greca mi correggeva tutto. Però lì valutavano molto l’impegno e la voglia di buttarsi e questo mi ha permesso di migliorare l’inglese senza stress e di passare tutti gli esami nonostante le limitazioni linguistiche.


10) L’università ha organizzato molti eventi per gli studenti Erasmus?


L’università era molto organizzata, sia a livello di professori, sia a livello di gruppi di studenti in supporto all’università. Fin dal primissimo giorno hanno proposto tantissimi eventi di benvenuto per gli studenti Erasmus. Per esempio, la prima settimana hanno organizzato un concerto di musica e danze tradizionali e un giro in barca sul Danubio, che attraversa la città. Anche durante il semestre hanno fatto un lavoro incredibile, devo dire che sono stati sopra ogni aspettativa.


11) Qual è stata l’esperienza più bella dell’Erasmus?


Ti direi i viaggi, ma sono stati tutti così belli che non saprei quali scegliere.


In generale, direi le serate con i miei amici Erasmus. Anche se a Padova avevo smesso da un po’ di fare serata, a Budapest ho ripreso a uscire la sera e, anche se erano serate semplici, mi sono divertita come mai in vita mia. Non so di preciso perché, probabilmente per la compagnia… Ci saremmo divertiti anche in mezzo al deserto! Quando facevo serata a Padova con i miei amici di sempre, nei soliti locali, non mi sono mai divertita come in Erasmus. Anche se in fondo è la stessa attività, in Erasmus c’era qualcosa di diverso.


12) Cosa ti è piaciuto maggiormente di Budapest e cosa meno?


Budapest è bellissima: sono stata cinque mesi là, ma ad ogni angolo c’è qualcosa che ti sbalordisce. Certe zone mi continuavano a meravigliare come la prima volta. Non so se fosse anche dovuto al fatto che fossi in Erasmus, la riscoperta di me stessa, o non so cosa, ma io ho adorato Budapest proprio perché è una bella città. Mi ricordo una sera in cui io e i miei amici eravamo tutti un po’ brilli e siamo finiti davanti al parlamento in piena notte: siamo rimasti tutti a bocca aperta ad ammirare il parlamento. È una città incredibile, tutti dovrebbero andarci.


Parlamento ungherese a Budapest
Parlamento ungherese a Budapest

L’unica nota negativa del mio Erasmus è stata l’accoglienza un po’ fredda da parte delle persone del posto. Penso che ci sia risentimento verso i turisti e gli stranieri in generale. Però per fortuna c’è una differenza tra la vecchia e la nuova generazione: la prima è stata molto tempo sotto la Russia e storicamente l’Ungheria è povera, quindi forse vedono il turista come il ricco che viene a fare baldoria; invece la nuova generazione è molto più aperta e cortese e, siccome molti corsi dell’università sono in inglese a prescindere, i giovani lo parlano molto bene ed è facile comunicare.


Purtroppo, sia io che altri miei amici siamo stati più volte vittime di xenofobia, quindi è consigliabile imparare un pochino la lingua, anche solo le frasi base. Io avevo giusto imparato a salutare e ringraziare in ungherese in modo tale che non mi vedessero come “la straniera” al supermercato o sull’autobus.


E poi in inverno un freddo… siamo arrivati anche a meno 15 gradi! Più che altro è stato brutto vedere così tanti senzatetto, tanta povertà e persone con problemi di alcolismo. Quella è la parte brutta di Budapest che si conosce con il tempo, quella mi ha fatto proprio male al cuore. Vedi anche tante donne per strada, sia giovani che anziane. Mi ricordo una nonnina che stava sempre vicino al supermercato a cui davo spesso qualcosa perché mi faceva proprio male vederla così, avrebbe potuto essere mia nonna… E giovani, giovanissimi, senzatetto. È terribile che così tanti ungheresi non abbiano una casa.


13) Oltre al cibo, cosa ti è mancato di casa?


Beh, sicuramente la mia famiglia e il mio gatto. Ecco, una cosa che mi è mancata di Padova e che ho imparato ad apprezzare una volta tornata a casa è spostarsi con la bici. Budapest è molto grande e ha un bel sistema di metro, ma a me mancava sfrecciare sulla mia bicicletta per il centro storico. In realtà poi nient’altro, se potessi, vivrei per sempre nel mio Erasmus.


Giulia in bici sull'Isola Margherita
Giulia in bici sull'Isola Margherita

14) Cosa ti manca di Budapest?


Mi manca la bellezza della città, di restare incantata a ogni angolo. Mi mancano i miei amici, l’atmosfera stessa dell’Erasmus. Fossi andata a Budapest per lavoro sicuramente l’avrei vissuta in maniera diversa. Mi manca la vita notturna a Budapest, che è pazzesca: alcune vecchie case abbandonate sono state trasformate in locali e bar davvero caratteristici, con tutte le sedie e i tavoli diversi e scritte sui muri.


15) Cosa hai imparato durante questo periodo all’estero?


Diciamo che l’Erasmus mi ha fatto riscoprire me stessa, mi ha fatto capire chi sono e cosa voglio. Essendo nata e cresciuta a Padova, il mio mondo era ristretto alla mia città natale e all’Italia, non riuscivo a vedermi in un altro contesto. Insomma, per me Padova era un po’ una prigione dorata: non mi ha fatto mancare niente, ma non mi dava niente di nuovo. Invece con l’Erasmus ho capito che probabilmente Padova non mi dava tutti gli strumenti per esprimere me stessa. Non fraintendermi, amo Padova e sono sempre molto contenta di tornare, però avevo bisogno di questo spazio per iniziare da una pagina vuota.


È stato grazie all’Erasmus che ho capito che volevo continuare a studiare all’estero e così ho fatto: per la magistrale sono andata a Madrid, dove ho conosciuto il mio ragazzo, con cui mi sono trasferita a Pamplona e poi a Milano, per poi volare a Miami, dove mi trovo attualmente.


L’Erasmus mi ha dato il coraggio di capire e di accettare che va bene non volere quello che fanno tutti gli altri. Va bene che io non volessi fare come mio fratello che è tornato a Padova, si è laureato e ha trovato lavoro là. Va bene avere un pensiero che sia fuori dagli schemi, non c’è niente di sbagliato. Quando parlavo ai miei amici di Padova della mia scelta di studiare all’estero, tutti mi chiedevano il perché. Invece in Erasmus incontri tutte queste persone che ti dicono: “Ah, io sono stato in Australia, poi andrò là e poi lì” e tu pensi: “Cavolo, è questo quello che voglio fare anch’io!”. Non ti senti più quella strana, loro non ti chiedono mai “perché”, ti dicono: “Vai, che figata!”. Penso che il regalo più grande dell’Erasmus sia stato proprio farmi capire chi sono.


16) Che consiglio daresti a una persona interessata a fare l’Erasmus a Budapest?


Sicuramente di non farsi fregare con gli affitti, perché io ci sono cascata, e di non prendersela se le persone sono un po’ scorbutiche.


Il mio consiglio è vai, buttati, non chiuderti in casa perché è una città che ti offre tantissimo.


Giulia, ti ringrazio per avermi raccontato il tuo Erasmus! Non ti nascondo che mi sono ritrovata molto nelle tue parole e mi ha emozionato intervistarti!


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Tutte le foto presenti in questo post sono di Giulia.

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