Noemi
Cinque mesi, cinque paesi. Intervista a Clara, in giro da sola per il sud-est asiatico.
Aggiornamento: 18 nov 2019
Categoria di viaggiatore: Avventurieri
Dove: Thailandia, Cambogia, Vietnam, Laos e Myanmar (Birmania)
Cinque mesi, cinque paesi. Incontriamo Clara che a 21 anni lascia la sua amata Francia e decide di andarsene in giro per il sud-est asiatico.
Prima di iniziare a tempestarti di domande, raccontaci un po’ di te!
Mi chiamo Clara, sono francese, ho 24 anni e ho studiato lingue all’università. Alla fine della triennale mi sono resa conto che non sapevo cosa fare della mia vita, quindi ho deciso di esplorare l’Asia con un mio amico. Ne abbiamo parlato a febbraio, preso i biglietti ad agosto e siamo partiti il 3 gennaio 2017. Dopo un mese, il mio amico è tornato in Francia perché il viaggio si era rivelato troppo difficile per lui, quindi ho deciso di continuare da sola. Ho viaggiato per cinque mesi tra Thailandia, Myanmar, Cambogia, Laos e Vietnam.
Perché hai scelto l’Asia rispetto ad altre destinazioni?
All’inizio volevamo fare il giro del mondo, ma abbiamo subito capito che sarebbe stato un po’ troppo ambizioso come primo progetto. Ci piaceva molto il Giappone, ma è troppo caro. Quindi il sud-est asiatico era un buon compromesso. Abbiamo scelto la Thailandia per cominciare perché è un paese molto turistico e sapevamo che sarebbe stato facile trovare alloggio, incontrare persone e visitare posti bellissimi. Poi, volevo assolutamente andare in Myanmar perché è un paese che si è appena aperto al turismo, quindi è ancora “intatto”. Mentre la Thailandia è la meta più gettonata per chi va in Asia per la prima volta.

Quindi siete atterrati a Bangkok e avete iniziato la vostra avventura. Avevate una tabella di marcia da seguire o siete andati completamente all’avventura?
Completamente all’avventura. O meglio, sapevamo di voler visitare questi cinque paesi e di avere cinque mesi a disposizione, quindi l'obbiettivo era un mese per paese. Quando sono arrivata a Bangkok, sapevo più o meno i posti da visitare vicino alla capitale, ma ho deciso tutto sul momento. Ad esempio, volevo andare in una delle isole nel Sud della Thailandia, ma non sapevo di preciso quale perché ce ne sono tantissime tra cui scegliere. Sono andata alla stazione ferroviaria, ho guardato il tabellone e ho detto: «Mi piace questo nome, vado lì!». Sono arrivata senza sapere niente dell’isola, ma mi era piaciuto il nome. È difficile pianificare un viaggio perché dipende tanto dalle persone che incontri. Per esempio, se hai in mente di andare ad ovest, ma c’è qualcuno che hai incontrato e con cui ti trovi bene che vuole andare a nord, perché non andare a nord? Se qualcuno ti dice: «Ah, là c’è un posto meraviglioso!» è un po’ triste rifiutare dicendo che avevi già programmato di andare da un’altra parte. Viaggiare in questo modo ti dà la libertà di seguire solo il tuo spirito.
Una curiosità: prima di partire per l'Asia, avevi comprato il biglietto di ritorno?
No, l’ho preso in Cambogia. Sapevo che due mesi dopo avrei dovuto essere a Ho Chi Minh in Vietnam per tornare a casa.
Avevi già fatto un'esperienza simile?
Più o meno. Quando avevo 18 anni sono andata con una mia amica in Senegal a fare volontariato in una scuola per bambini dai 2 ai 4 anni. Tuttavia, se il mio amico non fosse venuto con me in Asia, non so se sarei partita. Devo ringraziarlo perché, anche se una volta arrivata non è stato difficile viaggiare da sola, il momento della partenza, quando stai per prendere l’aereo, è tosto se non sei con qualcuno. È più l’idea del viaggiare da soli che preoccupa.
La tua famiglia ti ha appoggiato in questa scelta? Erano preoccupati che tu fossi così lontana da casa?
Mia mamma aveva una paura nera. Quando ha saputo che il mio amico era tornato in Francia, era davvero preoccupata. In Senegal era diverso perché ero con un’associazione, quindi sapeva dove dormivo, cosa mangiavo, ecc. Insomma, avevo una protezione. Mia madre era convinta che dovessi viaggiare con un uomo in Asia, ma in realtà me la sono cavata meglio da sola. All’inizio è stato difficile perché, anche se provavamo a sentirci almeno una volta a settimana su Skype, non potevo sempre mandare messaggi e dirle dove mi trovavo. Poi ha capito che quando viaggi da sola, specialmente se sei una donna, è molto facile incontrare altri viaggiatori e alla fine non sei mai sola.
Potresti fare una breve descrizione di ogni paese? Magari raccontando un episodio o un aspetto che ti è rimasto impresso.

Allora, per me ci sono due “Thailandie”: quella del Nord è più culturale, mentre quella del Sud è per rilassarsi e far festa. Per la prima direi che Chiang Mai è la mia città preferita. Lì ho fatto la mia prima escursione e ho aiutato a lavare gli elefanti, un’esperienza bellissima. Per la Thailandia del Sud, mi ricorderò per sempre una grotta al cui interno c’è una spiaggia. Si può raggiungere solo via mare: per i primi cento metri devi nuotare ed è tutto buio, non si vede niente, poi arrivi e vedi questo posto fantastico.
Anche per il Myanmar direi un'escursione, anche se era troppo difficile, pensavo di morire! Ero l’unica ragazza in un gruppo di uomini, ed ero sempre in fondo. Ma tutti facevano il tifo per me e mi gridavano: «Dai, Clara! Ce la puoi fare, ce la facciamo insieme!», il che è stato molto bello. Un’altra cosa che mi è piaciuta del Myanmar è il sorriso delle persone. Erano carinissime, veramente.
In Cambogia ho fatto un ritiro spirituale di meditazione in un monastero abitato solo da donne. È stato molto difficile, ma interessante. Mi è piaciuto molto vivere con loro per cinque giorni e meditare sei ore al giorno. Però devo ammettere che alla fine avevo solo voglia di burro d’arachidi. Il cibo purtroppo era terribile lì.

Per quanto riguarda il Laos, posso assicurarti che Vang Vieng è il posto giusto per far festa. Lì ho fatto un giro dei pub molto particolare: dato che i bar costeggiavano la riva del fiume, io e altri ragazzi nuotavamo da un pub all'altro su dei ciambelloni gonfiabili. Quando passavamo davanti a un pub, i camerieri lanciavano una corda per tirarci a riva. Dopo aver bevuto qualcosa, tornavamo in acqua con i nostri gonfiabili e passavamo al pub successivo.
In Vietnam ho fatto una gita di quattro giorni in moto. Ero nel Nord del Vietnam, al confine con la Cina, e non è un posto turistico. Infatti, le persone del posto non avevano mai visto degli occidentali. Ho passato quattro giorni tra i campi di riso. Penso sia stata l’esperienza più bella di tutto il viaggio in Asia.
Quale di questi cinque paesi ti è piaciuto di più e perché?
Il Vietnam, sicuramente. Mi sono piaciute sia le gite naturalistiche che le città. Le persone sono gentilissime e il cibo è fantastico. Negli altri paesi la scelta era limitata a spaghetti (noodles) o riso tutti i giorni, e dopo tre mesi non ne potevo più. Invece, in Vietnam ogni città ha almeno cinque specialità, più quelle nazionali.

Ecco, parlando di cibo, qual è stato il piatto più inusuale che hai mangiato?
Uno scorpione. Credo sia la cosa più strana che abbia mai mangiato. L’ho assaggiato in Thailandia, in una strada molto turistica. È disgustoso e molto salato, ma sono contenta di averlo provato.
Da un punto di vista pratico, come ti regolavi con i soldi?
Avevo previsto di spendere circa 1000 euro al mese. Il prezzo degli ostelli varia da paese a paese, ma mi ero documentata prima della partenza sul prezzo medio dell’alloggio. Ho utilizzato una app, Agoda, per paragonare i prezzi e le opzioni. Ovviamente il prezzo di una camera singola non sarà lo stesso di una camera con altre cinque persone. Dipende da cosa vuoi. Io avevo un po’ di soldi da parte perché ho finito l’università a giugno e ho lavorato da agosto a dicembre. Non ho calcolato tutto, ma 1000 euro al mese è un buon budget perché puoi fare delle attività, permetterti camere non troppo affollate, ecc.
Quali sono state le difficoltà e le sfide in cui ti sei imbattuta durante il tuo viaggio?
Ci sono state delle difficoltà, ma niente di insormontabile. Bisogna stare attenti alle truffe, quello sì. In generale, se sei in difficoltà è molto facile trovare qualcuno che ti aiuti.
Viaggiando da sola, ti sei mai sentita in pericolo?
Solo una volta, nel Sud della Thailandia sull’isola di Ko Lanta. È un’isola molto grande e sono andata lì perché altri viaggiatori me l’avevano consigliata. Alla stazione marittima ho preso un taxi per arrivare all’ostello. Il conducente del taxi ha iniziato a flirtare dicendo che mi voleva sposare e ha iniziato a toccarmi. Gli ho detto di fermarsi, ho preso lo zaino e sono scesa. Non sapevo cosa fare perché non conoscevo il posto e non sapevo come arrivare all’albergo. Una volta arrivata in camera, ho pensato che volevo andarmene via dall’isola. In quel momento una ragazza è entrata e mi ha salutato. Ho riconosciuto l’accento francese e le ho raccontato quello che era successo. Lei ha cercato di calmarmi e mi ha abbracciato. Siamo rimaste insieme per due giorni, credo che questo incontro mi abbia salvato la vita.
Detto questo, ci tengo a precisare che questi paesi sono sicuri. In generale, mi sentivo più al sicuro lì che in Francia, anche di notte.
Qual è stato il più grande shock culturale? Non deve necessariamente essere negativo, può anche essere positivo.
Le persone volevano sempre aiutarci. È incredibile. All’inizio io e il mio amico ci orientavamo con la cartina, perché non avevamo il GPS. Quando ci perdevamo, c’era sempre qualcuno pronto ad aiutarci, anche se non parlavano inglese e noi non parlavamo la lingua locale. Ad esempio, mi trovavo in una stazione ferroviaria in Myanmar e avevo il biglietto, ma non sapevo dove andare. Un signore ha fatto cenno di avvicinarmi, ma il mio biglietto era in inglese, quindi non poteva capire niente. Ha chiamato alcuni amici e si sono aggiunte altre persone che erano solo curiose di sapere cosa stesse succedendo. Insomma, c’erano circa 10 o 15 persone che stavano cercando di decifrare il mio biglietto. Alla fine, una di queste mi ha preso per mano e mi ha portato nel posto giusto. È stato bellissimo.

Un altro shock culturale, non necessariamente negativo, ma diverso da ciò a cui sono abituata, è stato vedere l’importanza della religione in questi paesi. Le persone danno molti soldi ai templi: la città può essere povera, ma i templi sono sempre ricchi e bellissimi. Forse esiste una cosa simile in Francia, ma non andando in chiesa non saprei dire.
Durante i tuoi viaggi, hai incontrato molte persone, sia gente del posto che viaggiatori come te. C’è stato un incontro che ti ha colpito particolarmente?
In generale passavo il tempo con altri turisti, ma ho avuto dei bellissimi incontri con le persone locali. C’è un incontro che mi è piaciuto particolarmente: quando sono arrivata in Myanmar, ho preso il treno. Il treno in Myanmar è terribile. C’era un ragazzo che lavorava per le ferrovie e abbiamo cercato di comunicare, ma lui non parlava inglese. Abbiamo provato a usare Google Translate, ma non ci siamo capiti per niente. È stato comunque bello perché mi ha aiutato in tutto. Ad esempio, ha chiesto a tutti i passeggeri se volessero mangiare, ma io ho risposto di no perché non vedevo cibo sul treno. Il treno si è avvicinato a una stazione e ha rallentato, senza però fermarsi. Il ragazzo ha aperto la porta, si è sporto dal treno, che stava andando piano piano, ha afferrato dei sacchetti pieni di cibo e il treno ha ripreso ad accelerare.
Dopo aver vissuto un’esperienza così emozionante, com’è stato tornare a casa?
Ho avuto l’idea peggiore della mia vita. Ho detto ai miei che sarei tornata il 10, invece sono tornata una settimana prima per fare una sorpresa. Mi era mancata la mia famiglia, quindi volevo solo affetto, baci e abbracci. Mia mamma voleva che il mio ritorno fosse perfetto, quindi non credo fosse preparata psicologicamente quando mi ha visto entrare in casa. «Ciao mamma, mi sei mancata», e lei: «Ma cosa ci fai qua?», incredula. Mia sorella invece si è messa a piangere. Mia mamma era agitata perché non aveva ancora preparato niente di speciale per me, ma io ovviamente le ho detto di non preoccuparsi.
Ero contenta di essere a casa. Viaggiare da sola è stata la cosa migliore per me perché ero libera di fare ciò che volevo ed è stato facile incontrare delle persone lungo il cammino. Ma è difficile non avere nessuno con te dall’inizio alla fine, qualcuno con cui condividere l’esperienza. Credo che per la prossima volta mi piacerebbe partire con qualcuno, stare un po’ insieme, poi separarci, e incontrarci di nuovo. Quando torni, tutti vogliono sentire le tue avventure, ma non c’è nessuno che capisce a fondo l’esperienza.
Quale consiglio daresti a una persona che vorrebbe fare un’esperienza simile?
Vai. Non avere paura, vai perché sarà fantastico. E se anche dopo un mese non ti piace più, puoi sempre tornare a casa.
Ci sono altri viaggi simili all’orizzonte?
Mi piacerebbe. Vorrei andare in America del Sud, ma vorrei partire con qualcuno che parli spagnolo. Sono piena di idee e progetti: l’anno prossimo vorrei partecipare al Servizio Volontario Europeo, forse finirò in Slovenia o in Ungheria, chissà.
Clara, ti ringrazio per il tempo che hai dedicato a questa intervista e grazie per averci portato in Asia con te!
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